sabato 17 maggio 2014

Beoti at work


La pubblicità e la disinformazione (travestita da informazione) entrambe esaltate dalla poca voglia (e capacità) di pensare degli acquirenti, creano i consumatori inconsapevoli che a loro volta alimentano il mercato delle mediocrità. Mercato avvezzo alle promesse rivolte ai consumatori che comprano le emozioni scatenate da codeste promesse. Quindi, in realtà, non acquistiamo prodotti, il prodotto viene dopo... molto dopo e perciò la gratificazione dura un tempo molto limitato. Per cui non può trattarsi di felicità, come qualcuno vuole farci credere. 
Anche se abbocchiamo inconsapevolmente.
Ci abbindolano fin da piccoli, quando svolgiamo egregiamente il lavoro di "aiuto commessi" per spingere all'acquisto "coatto" i nostri genitori.
Ma l'inganno non si ferma all'infanzia

né all'adolescenza e neppure all'età adulta, mi stava scappando "età della ragione".
Il raggiro continua anche più avanti, negli anni della cosiddetta maturità.
E noi ci gongoliamo presuntuosamente come beoti. Il che non è un complimento, ovviamente. Beota era l'abitante della Beozia, patria di persone insigni tra cui Esiodo, Pindaro, Corinna, Democrito, Epaminonda, Plutarco.
Nonostante ciò, per gli ateniesi "beota" era sinonimo di persona dappoco e stupida.
Mi sembra che, oggi più di ieri, si proceda come Beoti (nel senso ateniese del termine).
Ci stimolano con promesse ingannevoli, ne siamo incoscientemente emozionati, acquistiamo "non so cosa" senza battere ciglio e crediamo di provare la felicità.
Alla domanda: cos'è la felicità?
Non sappiamo rispondere ma risponde il mercato con le offerte di ninnoli sempre pronti a soddisfare i falsi bisogni. Anche quelli creati ad hoc per i Beoti.
Così il cerchio si chiude. E tutti sono soddisfatti.
Felici, meno.



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